martedì 8 luglio 2008

Verità e Giustizia per Riccardo Rasman





Mani e piedi legati. Nonostante fosse immobilizzato, «esercitavano sul tronco, sia salendogli insieme o alternativamente sulla schiena, sia premendo con le ginocchia, un'eccessiva pressione che ne riduceva gravemente le capacità respiratorie». Poi, «nonostante fosse ammanettato, continuavano a tenerlo in posizione prona per diversi minuti». È così che, secondo la procura di Trieste, quattro poliziotti della Volante hanno provocato la morte di Riccardo Rasman, 34 anni, una pensione da invalido per atti di nonnismo subiti durante il servizio militare, e un monolocale in affitto dove non ha mai dormito. Un ragazzo figlio di operai, e una sorella, Giuliana, che un giorno gli promise che nessuno gli avrebbe più fatto del male. Il 27 ottobre 2006 quando gli agenti, allertati da un vicino di casa, fanno irruzione in casa sua. Nasce una colluttazione, mai negata dai poliziotti, ma giustificata «dall'intento di difendersi dalla reazione inconsulta di Rasman e nella convinzione di trovarsi nell'esercizio di un dovere». Dopo quasi due anni di indagini e un'iniziale istanza di archiviazione, ora il caso Rasman sembra avviarsi verso il processo: qualche giorno fa il pm Pietro Montrone ha notificato ai quattro indagati l'avviso di conclusione dell'inchiesta, preludendo a una richiesta di rinvio a giudizio. La fine di Riccardo ricorda la tragedia di Federico Aldrovandi, lo studente morto a 18 anni il 25 settembre 2005 dopo un intervento di polizia. «Asfissia da posizione» la causa di morte per entrambi. All'alba del 25 settembre di tre anni fa Federico urla e tira calci a vuoto quando una signora avverte il 113. Dopo l'intervento di una volante, muore ammanettato con la faccia sull'asfalto. Il 27 ottobre del 2006 Riccardo Rasman, una volta aspirante meccanico, ridotto a invalido dopo sette mesi in Aeronautica, tira petardi dal balcone perché è felice: ha trovato lavoro come netturbino. Gli agenti sfondano la porta, Riccardo reagisce. Nessuno aspetta di sapere se per caso ha qualche problema psichico. Quando si appura che è in cura in un centro di salute mentale, è già troppo tardi: dopo botte, manette e rantolii, Riccardo smette di respirare, forse terrorizzato anche dalle uniformi. In cucina un biglietto, scritto prima dell'irruzione: «Mi sono calmato, per favore non fatemi del male».
Verità e Giustizia per Riccardo e Federico.

dal Blog: LanciaIlSasso

C'è una petizione on-line che invita a far luce su questa vicenda e a chiedere giustizia per la morte di Riccardo: http://www.ipetitions.com/petition/riccardorasman/

leggetela, e se vi trovate d'accordo, firmatela.

5 commenti:

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Ho firmato subito la petizione. Sconvolgente quello che ho letto. Sconvolgente e disgustoso.

articolo21 ha detto...

Giustizia e verità.

il Russo ha detto...

Sto approfondendo in questi giorni dopo aver leto il post: vomitevole.

Anonimo ha detto...

Avevo letto la vicenda sul blog LanciaIlSasso. Davvero vergognosa. Grazie per il link, ho firmato immediatamente.

SCHIAVI O LIBERI ha detto...

Davvero un bel post. Purtroppo sono cose disgustose....